acustica
Supporto teorico
Le sorgenti sonore

Ciascuno di noi conosce diversi metodi per produrre un suono. Si può impiegare una lamina metallica incastrata, una corda tesa, una oggetto elastico simile ad una campana, un tubo aperto, ecc.

In generale le sorgenti sonore possono essere raggruppate come segue:

  1. Corpi solidi oscillanti (quali quelli degli strumenti a corda, i diaframmi di altoparlanti o degli strumenti a percussione, le verghe metalliche, le piastre metalliche, le campane di diversi materiali);
  2. Colonne d'aria oscillanti (strumenti a fiato, organi);
  3. Corpi in movimento rapido (eliche, fruste);
  4. Gas rapidamente fuoruscenti (razzi, reattori);
  5. Incrementi rapidi di pressione (detonazioni);
  6. La voce umana, che è in realtà una complicata combinazione dei meccanismi 1) e 2).

La sorgente, con le sue vibrazioni, ha il compito di mettere in oscillazione le molecole del mezzo, cioè generare in esso un'onda elastica longitudinale, la quale raggiungerà i nostri organi dell'udito. Tuttavia, se la frequenza dell'onda elastica prodotta non rientra all'interno dell'insieme di frequenze in grado di essere elaborate dalle nostre orecchie (da 16/20 Hz a 16/20 kHz), è evidente che non avremo alcuna sensazione sonora. Insomma bisogna scegliere la sorgente sonora che sia effettivamente tale in relazione alla o alle frequenze prodotte, poiché si ricorda che si chiama suono ciò che noi siamo in grado di udire e non tutte le onde elastiche sono udibili.

L'esempio classico è il fischietto ultrasonico da richiamo per i cani; il fischitto sembra apparentemente rotto, perché non emette alcun suono. In realtà il suono emesso è di tipo ultrasonico per le nostre orecchie, e quindi non produce sensazione sonora, ma la frequenza emessa cade in ambito sonoro per le orecchie del cane. Questo animale infatti riesce a sentire fino a frequenze di 30 kHz e il pipistrello si spinge fino a 90 kHz.

Sul versante opposto, in passato era alquanto misterioso il raduno di gruppi diversi di elefanti presso le pozze d'acqua non ancora prosciugate della siccità. Arrivato un gruppo, dopo un po' di tempo ne arrivavano altri, come se fossero stati avvertiti. Il fatto non poteva essere spiegato invocando la semplice memoria dell'ubicazione delle pozze da parte dei gruppi di pachidermi, poiché i gruppi convergevano solo presso la pozza attiva individuata dal primo gruppo, saltando quelle secche senza neppure passarci vicino. Oggigiorno è ormai assodato che gli elefanti abbiano elaborato un linguaggio in ambito infrasonico, cioè con frequenze al di sotto dei 16 Hz, che ovviamente le nostre orecchie non sono in grado di sentire; mistero svelato.