liquidi - Bilancia Nº 51 - Nº 51a - Nº 538
Bilancia idrostatica
Verifica del principio di Archimede

Per dimostrare il principio di Archimede lo strumento si usa nel modo seguente (Malfi, 18 dicembre 2002). Per semplificare la descrizione si è indicato con la lettera A il cilindro cavo in ottone agganciato al piatto di sinistra della bilancia e con la lettera B quello pieno attaccato sotto al primo.

Spinto in alto il giogo della bilancia e fissatolo, si sospende al di sotto di uno dei due piatti il cilindro cavo A e sotto di esso il cilindro massiccio B il cui volume è esattamente uguale alla capacità volumetrica del primo. A questo punto si equilibra il giogo della bilancia collocando nell'altro piatto delle masse e si posiziona sotto ai cilindri un recipiente cilindrico in vetro pieno d'acqua quasi fino all'orlo (foto 1/9). Per migliorare la visione del liquido entro il recipiente essa è stata leggermente colorata sciogliendovi 10 ml di alcool. Inoltre si è provveduto a depositare nel piatto al cui fondo sono attaccati i cilindri d'ottone delle masse molto piccole per un totale di 200 mg. Il motivo di questa operazione sarà spiegato alla fine dell'esperimento. Si osservi invece come in figura 1, in base alla posizione completamente abbassata dei due fermi, il giogo della bilancia risulti in perfetto equilibrio.

Utilizzo dello strumento
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Dopo aver alzato il blocco di destra così da impedire la rotazione oraria del giogo della bilancia, si abbassa il giogo stesso agendo sull'ingranaggio ruota dentata - cremagliera fino a quando il pelo libero dell'acqua entro il cilindro non raggiunge la base superiore del cilindro B (foto 2/9). Abbassando l'asta di sostegno, l'equilibro del giogo della bilancia non sussiste più, poichè esso ruota in senso orario tendendo a far emergere dall'acqua il cilindro B (foto 3/9). Quando il cilindro B non era immerso nell'acqua, la sua forza peso (che tende a far ruotare in senso antiorario il giogo della bilancia) veniva completamente equilibrata dalla forza peso associata alle masse collocate nell'altro piatto della bilancia. Che le cose debbano essere così lo dimostra il fatto che il giogo della bilancia si trovava in perfetto equilibrio. Evidentemente l'immersione del cilindro B in acqua provoca su di esso la nascita di una forza che tende a sollevare il corpo stesso. A tale forza di sostentamento si dà il nome di spinta archimedea.

Per provare la spinta d'Archimede è pari al peso del volume di liquido spostato dal cilindro B, si versa nel cilindro cavo A un po' alla volta dell'acqua (foto 4/9) fino a rimpirlo quasi completamente. Gradualmente il giogo della bilancia ruota in senso antiorario (foto 5/9) fino a ritornare in una posizione il più possibile vicina a quella orizzontale (foto 6/9). Si tenga presente che la precisa dosatura del liquido nella parte finale del riempimento del cilindro A è un po' difficoltosa, dal momento che la bilancia è assai sensibile. Il peso del liquido contenuto nel cilindro A annulla la spinta d'Archimede agente sul cilindro immerso B e, poiché come si è detto la capacità di A è pari al volume di B, ciò prova il principio di Archimede.

Alzando il giogo della bilancia fino a far uscire completamente il cilindro B dall'acqua, esso non è più in equilibrio, dal momento che la spinta d'archimede non è più presente e non può quindi annullare il peso dell'acqua entro il cilindro A (foto 7/9). Tuttavia, dopo aver svuotato il cilindro A (foto 8/9), la bilancia torna in equilibrio (foto 9/9).

Per fare in modo che la bilancia ritorni all'equilibrio dopo aver svuotato il cilindro A si devono rimuovere tutte o parte delle piccole masse depositate nel piatto che sorregge i cilindri d'ottone. Infatti non è possibile rimuovere tutta l'acqua dal cilindro A che resta quindi più o meno bagnato e ciò, essendo la bilancia assai sensibile, può impedire al giogo di tornare i posizione orizzontale. Togliendo generalmente qualcuna delle piccole masse, si elimina l'azione di disturbo dovuta alla piccola aliquota d'acqua che rimane dentro il cilindro A. Non si tratta affatto di un trucco, ma di un sistema per cercare d'eliminare una causa d'errore dovuta alla procedura sperimentale.