Elettromagnetismo - elettrochimica - Pila a corona
Pila a corona di tazze
Descrizione
Descrizione          Funzionamento: spiegazione - verifica          Testi&Curiosità


Lo strumento: vista 1 vista 2
Un elettrodo bimetallico (con scaricatore)
Disposizione degli elettrodi: vista 1 vista 2
Stato dell'apparato prima della pulizia
Stato degli elettrodi prima e dopo la pulizia

La Pila a colonna di Alessando Volta venne ben presto modificata (evoluzione della pila) nel tentativo di rendere il dispositivo elettrochimico più efficiente, facilmente manutenzionabile e costruibile in tempi ragionevolmente brevi. La pila cosiddetta "a corona di tazze" (nota anche con il nome di pila Wollaston) ha conosciuto una discreta diffusione nelle sue forme più o meno complesse.

Il dispositivo del Vecchio Gabinetto di Fisica del Liceo è il più semplice possibile ed è formato da quei pochi elementi rimasti di una pila a corona di tazze ben più grande, portata addirittura nell'anno scolastico 1828 - 1829 da 800 a 1000 tazze, come emerge dall'Inventario del 1818! Due armadi in legno custodivano lo strumento. In quanto modifica della pila a colonna, la pila a corona di tazze o Wollaston ne condivide il principio di funzionamento in relazione alla reazione d'ossidoriduzione spontanea sfruttata per ottenere energia.

Le pile a corona di tazze si prestano molto bene alla produzione in serie degli elementi che le compongono e inoltre possono essere accresciute sempre di più anche in momenti successivi ovvero quando le disponibilità finanziarie di ogni singolo laboratorio consentono l'acquisto di nuovi componenti. In un simile dispositivo elettrochimico si hanno gli elettrodi e le tazze di vetro. Ciascun elettrodo è formato dall'unione di una lamina di zinco con una di rame (coppia bimetallica). Nel modello del Liceo ogni elettrodo bimetallico presenta una lamina di rame a forma cilindrica, dalla quale esce un arco di rame che termina con un cono di zinco. Gli elettrodi finali presentavano ciascuno un tratto di filo di rame isolato con la seta (scaricatore). Le tazze sono ovviamente in vetro e con diametro leggermente maggiore di quello delle lamine di rame.

Per costruire la pila si prendevano un numero di tazze pari agli elettrodi che si aveva intenzione di impiegare. Inserito ogni elettrodo in una tazza, si faceva in modo che il suo cono di zinco cadesse nel centro del cilindro di rame dell'elettrodo che occupa la tazza successiva e così via. Le foto 4 e 5 mostrano la disposizione degli elettrodi in assenza delle relative tazze visibili sullo sfondo. Non restava infine che inserire in cascuna tazza l'acqua acidificata.

Del dispositivo originario restano purtroppo solo 10 tazze, 11 elettrodi bimetallici e ciò che forse era un elemento di sostegno della pila (una mensola, una chiusura di uno dei due armadi?). Prima dell'esposizione lo strumento è stato pulito nelle parti metalliche, lasciando però un solo elettrodo nello stato originale dell'intero dispositivo, cioè com'era nella Mostra del 1994. Il confronto tra prima e dopo in relazione allo strato di ossido presente sugli elettrodi bimetallici non necessita di ulteriori commenti.