Elettromagnetismo - Elettrostatica - Elettrodinamica | |
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Supporto teorico | |
Concetto di campo |
La parola campo ricorre spesso: si dice infatti, anche nel linguaggio comune
L'assenza di contatto tra corpi mentre si esplicano delle forze, ovvero l'idea di pura e semplice azione a distanza, può lasciare perplessi e in effetti in passato molti scienziati vi si opposero fermamente, introducendo una qualche forma di tensione o di pressione nel mezzo interposto in grado così di trasmettere le forze. Ma questi concetti non potevano certo sussistere quando il mezzo era rappresentato dal vuoto come succede per i pianeti nel loro moto intorno al sole. Una via d'uscita fu data da Faraday e successivamente elaborata da altri. Egli immaginò che anche uno spazio vuoto non fosse realmente privo di materia, ma completamente riempito da una sostanza molto tenue, alla quale venne dato il nome di etere, cui si poteva attribuire sotto forma di una qualche sorta di tensione ad esempio la manifestazione delle interazioni elettriche e magnetiche. Sebbene oggi questa concezione non abbia più alcun fondamento, essa contribuì in modo determinante allo sviluppo dell'elettromagnetismo e della nascita del moderno e fondamentale concetto di campo comune sia ai fenomeni magnetici che a quelli elettrici (ma non solo, si pensi alla gravità).
Senza entrare nel merito della teoria matematica che si occupa dei campi sia scalari (temperatura, pressione, ecc.) che vettoriali (forza, velocità, accelerazione, momento angolare, ecc.) e che ne regola le proprietà in base a determinate condizioni al contorno, qui ci limitiamo a darne una semplice definizione. Basti allora sapere che con questo termine si indica una grandezza fisica (esprimibile tramite un numero o mediante un modulo, una direzione e un verso) che in una certa regione di spazio assume valori dipendenti dalla posizione, cioè è funzione delle coordinate spaziali ed eventualmente anche del tempo.
Il campo elettrico, così come quello magnetico, sono ovviamente campi di natura vettoriale e non può che essere così, dal momento che il loro effetto è quello di produrre delle forze a loro direttamente proporzionali sui corpi immersi in essi, forze che sono delle grandezze vettoriali. Pertanto ad ogni punto dello spazio in cui agisce, ad esempio il campo elettrostatico, è associato un vettore che rappresenta l'intensità, la direzione e il verso di azione del campo stesso e analogo discorso vale per il campo magnetico.
In generale dunque, un campo è il risultato della modificazione di una certa regione di spazio ad opera di un oggetto fisico sorgente del campo stesso (ad esempio, una carica elettrica, una calamita o una stella), la cui presenza è rilevabile esclusivamente attraverso un'interazione. Così ogni regione dello spazio in cui una carica elettrica sia soggetta a una forza di tipo elettrico è detta campo elettrico, mentre per analogia si può affermare che la regione di spazio adiacente a un magnete permanente o a un conduttore percorso da corrente è sede di un campo magnetico. Infatti un magnete o una corrente posti in un campo magnetico risentono di una forza di tipo magnetico, originata dal campo stesso.
Sembra superfluo precisare che la natura dell'interazione di cui sopra necessaria per evidenziare un campo è ovviamente funzione del tipo di campo che si vuole rilevare. Cioè se si ha, ad esempio, il sospetto che un tondino di ferro si sia magnetizzato in seguito ad un particolare trattamento subìto, cioè che esso sia diventato una sorgente permanente di un campo magnetico, è allora sufficiente verificare se il tondino è in grado di influenzare un ago magnetico, mentre per provare se esso è caricato elettricamente basta invece verificare se è in grado di far divergere le foglioline di un elettroscopio. Del resto, ogni volta che ci cade un oggetto per terra non si fa altro che verificare che tutti i corpi sono sottoposti all'attrazione del campo gravitazionale della Terra.