elettrochimica - evoluzione della pila | |
---|---|
Evoluzione della pila | |
Pila Bunsen |
La pila di Bunsen, conosciuta anche col nome di "pila a carbone", fu inventata nel 1843 da Robert W. von Bunsen (il chimico tedesco cui si deve il bruciatore presente in ogni laboratorio chimico del mondo). Questa pila non è altro che una pila di Grove in cui l'elettrodo di platino è stato sostituito con un cilindro di carbone. Pertanto la pila ha schematizzazione IUPAC Zn | H2SO4 (aq., 8%) || HNO3 (aq., conc.) | C, mentre la reazione d'ossidoriduzione spontanea che si realizza è Zn + 4H+ + 2NO3- => Zn++ + 2NO2 + 2H2O. Dunque l'elettrodo di carbone è inerte ovvero non partecipa alla reazione chimica che muove la pila. La sua funzione è quindi solo quella di convogliare gli elettroni al di fuori della pila. L'elettrodo di zinco invece si consuma durante il funzionamento del dispositivo elettrochimico. La fem di una simile pila era di circa 1,9 - 2 V a seconda della concentrazione dell'acido nitrico.
Ciascuna pila a carbone è composta da quattro pezzi di forma cilindrica che possono essere facilmente collocati l'uno dentro l'altro. Questi pezzi sono: un vaso F di maiolica o di vetro, contenente una soluzione di d'acido solforico; un cilindro cavo Z di zinco amalgamato al quale è fissata una lamina stretta e sottile di rame destinata a servire da elettrodo negativo; un vaso poroso T di terra cotta (il setto poroso), nel quale si pone l'acido nitrico concentrato; un cilindro di carbone O. Alla parte superiore del carbone è fissata una lamina di rame che serve di elettrodo positivo. Quando si vuol far funzionare l'apparato, lo si dispone come in figura ovvero collocando nel vaso di maiolica il cilindro di zinco e in questo il vaso poroso e l'elettrodo di carbone.
Per condurre esperimenti con la pila di Bunsen, la più usata nell'Ottocento, si collegavano parecchi elementi sia in serie che in parallelo. La prima disposizione incrementava la fem del dispositivo, mentre la seconda permetteva di ricavare dalla pila correnti di maggiore intensità. Naturalmente per formare un apparato composto come quello in figura si devono far comunicare il carbone di ciascuna coppia collo zinco della coppia successiva, e terminando la prima e l'ultima coppia con due elettrodi A e B. Si hanno testimonianze (esperienze di Despretz) di pile Bunsen con un numero di coppie pari a 800!
Si osservi che la pila Bunsen, sebbene sia la più energica delle pile a corrente costante e quindi anche la più usata nel XIX secolo, tuttavia non è priva di difetti. La corrente si indebolisce piuttosto rapidamente a causa dell'abbassamento dell'acidità della soluzione di acido solforico e inoltre da essa si liberano i vapori rossastri di diossido d'azoto NO2, molto tossici (un problema non da poco quando le pile collegate sono alquanto numerose). Si segnala inoltre che all'epoca circolavano per la maggiore due modelli di pila Bunsen. La più grande con un cilindro di zinco di 22 centimetri di altezza, la più piccola con l'elettrodi di zinco di 14 cm d'altezza. In genere si considerava che una pila modello grande equivalesse a circa due pile piccole. I libri scientifici dell'epoca sono ricchi di consigli e suggerimenti per utilizzare al meglio la pila Bunsen.