liquidi - areometri e densimetri - Nicholson
Areometro di Nicholson
Modalità di funzionamento

Si richiama il fatto che lo strumento (vedi disegno) è generalmente formato da un cilindro cavo B che termina con un cono C riempito di piombo e da una piattaforma A. Il piombo serve a zavorrare l'apparato in modo che la condizione di equilibrio stabile di galleggiamento propria dell'aerometro sia con la piattaforma A fuori dall'acqua e con il cono C immerso (disegno 2). L'asta che collega la piattaforma al cilindro cavo B reca un'incisione (chiamata nella terminologia dell'epoca punto di affioramento), il cui scopo era quello di fornire l'indicazione corrispondente ad una certa porzione immersa dello strumento. Sia la piattaforma A che il cono C sono destinati a ricevere il corpo solido e insolubile in acqua di cui si vuole determinare il peso specifico relativo. Si descrive ora la tecnica di misura.

Disegni esplicativi sull'uso dell'areometro di Nicholson, Malfi, © 2002 1
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Per prima cosa si determinava il peso necessario perché il pelo libero dell'acqua distillata a 4 °C in cui lo strumento veniva immerso raggiungesse il punto di affioramento. Infatti la parte immersa dell'areometro sarebbe minore senza questo peso aggiuntivo. Per far ciò non si dovava far altro che depositare sulla piattaforma A un numero opportuno di pesi di diversa massa (disegno 3). Come esempio si supponga che tale massa aggiuntiva sia di 125 grammi e che si voglia determinare il peso specifico relativo dello zolfo, un solido insolubile in acqua.

Dopodiché, una volta rimossi i pesi, il passo successivo consisteva nel prendere un campione di sostanza con massa inferiore a quella dei pesi necessari per la taratura dello strumento e depositarlo sul piatto A (disegno 4). E' chiaro che, per quanto detto, l'areometro presentava una porzione immersa inferiore a quella diciamo di taratura ovvero che il punto di affioramento veniva a essere al di sopra del pelo libero dell'acqua distillata. Si provvedeva quindi a depositare sul piatto A insieme al campione di sostanza un certo numero di pesi fino a riportare il punto d'affioramento in corrispondenza del pelo libero dell'acqua (disegno 5).

Questa operazione permetteva di determinare, semplicemente per differenza tra le masse dei pesi depositati sul piatto A, il peso del campione della sostanza solida di cui si desiderava stabilire il peso specifico relativo. Si supponga dunque che i pesi aggiunti nella seconda fase abbiano una massa di 55 grammi (da cui si ricava che il campione di zolfo pesa 70 grammi). A questo punto, noto il peso P del campione di sostanza, non restava che determinare il peso P' di un eguale volume d'acqua distillata per ottenere il peso specifico relativo cercato, essendo questo definito come il rapporto, a parità di volume, tra P e P'.

Il peso P' si otteneva spostando il campione di sostanza dal piatto A al cono C (disegno 6). E' evidente che il peso dello strumento non cambia a seguito di tale operazione, ma a causa della spinta verso l'alto che agisce sul campione di zolfo immerso in acqua, il galleggiamento dell'areometro era diverso da quello che si aveva con il campione sul piatto A ovvero immerso in aria. Quanto detto è una diretta conseguenza del principio d'Archimede.

La perdita apparente di peso che coinvolgeva il campione in esame, cioè di zolfo, si quantificava aggiungendo un numero di pesi sul piatto A tale da riportare il punto d'affioramento a livello del pelo libero dell'acqua (disegno 7). Sia la massa di tali pesi, ad esempio, di 34,4 grammi; allora questo numero rappresentava il peso di un volume d'acqua uguale a quello del campione di zolfo. Ora non restava altro che calcolare il rapporto tra P (pari nell'esempio a 70 grammi) e P' (corrispondente a 34,4 grammi). Si ricavava per quoziente il numero 2,03 che rappresentava appunto il peso specifico relativo all'acqua distillata e a 4 °C dello zolfo.

Una precisazione è d'obbligo: nel caso in cui il campione avesse presentato un peso specifico inferiore a quello dell'acqua, come il sughero (il che lo metterebbe nelle condizioni di galleggiamento), non lo si poteva certo depositare sul cono C. Tuttavia si risolveva il problema per mezzo di una piccola reticella mobile di filo di ferro con la funzione di trattenere il campione dentro il cono C e per il resto la procedura sarebbe stata identica a quella appena descritta.