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Onde stazionarie sulle corde tese | |
Legge per ricavare la frequenza delle armoniche |
� cosa risaputa che i Greci usarono le vibrazioni trasversali delle corde tese (onde stazionarie delle corde tese) per fissare i canoni dell'armonia musicale classica ovvero le condizioni perché due note suonate assieme producano una sensazione di naturale consonanza, di gradevolezza. In tutto ciò è evidente che i Greci si erano accorti che la nota (frequenza fondamentale) emessa dalla corda risultava inversamente proporzionale alla sua lunghezza.
Lo studio matematico del problema di determinare la frequenza fondamentale con cui vibra trasversalmente una corda tesa in funzione delle sue caratteristiche fisiche e geometriche porta a riassumere il tutto con la formula che segue:
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Nei suoi studi Galileo Galilei dedicò ampio spazio al moto del pendolo. � molto probabile che lo scienziato trasferì per analogia al moto del pendolo quanto visto nelle vibrazioni trasversali delle corde tese e che dunque c'entrassero davvero poco le presunte osservazioni delle oscillazioni dei lampadari del duomo di Pisa, come vuole la leggenda. Galileo era infatti, anche se poco noto, un provetto suonatore di liuto, uno strumento a corde. Si preferisce allora commentare la relazione sopra riportata utilizzando le parole di Galileo Galilei. Premettiamo al testo soltanto due note. La prima, che lo scienziato fiorentino si servì solamente delle parole, non essendo ancora maturi i tempi per un trattazione matematica del problema. La seconda, che quando due suoni hanno frequenza una il doppio dell'altro si dicono in ottava. Ad esempio i due suoni con frequenza rispettivamente di 128 Hz e 256 Hz (128x2) sono tra loro in ottava.
Tre sono le maniere con le quali noi possiamo inacutire il tono a una corda: l'una è lo scorciarla; l'altra, il tenderla più, o vogliam dir tirarla; il terzo è l'assottigliarla. Ritenendo la medesima tiratezza e grossezza [a parità di tensione e sezione] della corda, se vogliamo sentir l'ottava, bisogna scorciarla la metà, cioè toccarla tutta, e poi mezza: ma se, ritenendo la medesima lunghezza e grossezza, vorremo farla montare all'ottava col tirarla più, non basta tirarla il doppio più, ma ci bisogna il quadruplo, sì che se prima era tirata dal peso di una libbra, converrà attaccarvene quattro per inacutirla all'ottava: e finalmente se, stante la medesima lunghezza e tiratezza, vorremmo una corda che, per esser più sottile, renda l'ottava, sarà necessario che tenga solo la quarta parte della grossezza dell'altra più grave. E questo che dico dell'ottava, cioè che la sua forma presa dalla tensione o della grossezza della corda è in duplicata proporzione di quella che si ha dalla lunghezza, intendasi di tutti gli altri intervalli musici.
Abbiamo più volte usato la parola fondamentale per accompagnare il termine nota emessa da una corda (ma ciò sarebbe necessario anche nel caso dei tubi). Il motivo sta nel fato che non esiste una sola onda stazionaria, ma tante. In altre parole una corda (o un oggetto) ha diversi modi di vibrare secondo onde stazionarie. Nel caso di una corda tesa, le estremità non possono che essere dei nodi per l'onda stazionaria, essendo punti di vincolo del sistema vibrante. Quando non ci sono altri nodi, la nota emessa si dice fondamentale o primo armonico, essendo il suono più grave (a più bassa frequenza) che si può produrre con la corda una volta fissate le caratteristiche geometriche e materiali del sistema vibrante. Si dimostra che una qualsiasi onda la cui semilunghezza d'onda non sia un multiplo intero della lunghezza della corda tesa non potrà dar luogo a un'onda stazionaria. L'insieme delle onde che soddisfano la condizione precedente ha infinite soluzioni.
Notiamo che in una corda tesa il primo armonico o modo fondamentale non presenta nodi se non quelli d'estremità, comuni a tutti gli armonici. Nel secondo armonico si ha un nodo al centro, ovvero la corda risulta divisa in due parti uguali (la frequenza del secondo armonico e quindi doppia, cioè è in ottava rispetto alla fondamentale). Nel terzo armonico la corda è divisa in tre parti uguali, nel quarto in quattro e così via. Ne segue che, detta f la frequenza del primo armonico, quelle degli armonici successivi sono rispettivamente 2f, 3f, 4f, 5f, ecc. ovvero stanno rispetto a f come la serie di numeri naturali (1, 2, 3, 4, 5 ecc.). Vale dunque la relazione che segue, chiaramente estensione di quella data precedentemente e valida per ricavare la frequenza del solo primo armonico.
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