Elettromagnetismo - elettrochimica - Pila a colonna
Pila a colonna
Verifica di funzionamento
Descrizione          Funzionamento: spiegazione - verifica          Testi&Curiosità


I feltri inumiditi tra i dischi durante la prova
Il voltmetro misura una fem di 7V: la pila funziona!!

La costruzione del dispositivo è dunque semplicissima e assi contenuta quanto a costi, almeno nella versione con la coppia zinco - rame. Il principio di funzionamento è altrettanto semplice e legato a particolari reazioni chimiche dette di ossidoriduzione. Merita segnalere il fatto che entrambi i dispositivi sono tutt'oggi perfettamente funzionanti e che quindi i due strumenti fanno parte di quella rosa di apparati che vengono utilizzati durante le ore di laboratorio, in questo caso di chimica. La verifica del funzionamento, conclusasi come detto con esito positivo (Malfi, novembre 2001), colloca tra l'altro le due pile a colonna nel piccolo gruppo dei più vecchi strumenti ancora attivi e tranquillamente impiegati. Certamente ciò si giustifica meglio se si tiene conto che simili strumenti non hanno parti meccaniche che possono rompersi e che richiedono continua manutenzione.

L'inizio delle esperienze di laboratorio di chimica per l'anno scolastico 2001 - 2002 per le classi di seconda liceo, impegnate con lo studio dell'elettrochimia, ha fatto sì che le due pile a colonna del Liceo fossero oggetto di verifica, prima di altri strumenti per così dire "in lista d'attesa", quanto al loro stato di conservazione e soprattutto di possibilità di funzionamento (Malfi, novembre 2001).

I due dispositivi elettrochimici sono complessivamente in buono stato di conservazione. Per quanto riguarda la pila in figura, è stata rilevata la rottura di uno dei tre montanti di vetro per fortuna a livello della base e ciò quindi non ne compromette la funzionalità, dal momento che, all'interno dell'incavo che lo ospita, il tratto rotto è sufficientemente corto per far sì che la parte rimanente dell'asta resti in piedi da sola. Curioso è invece segnalare la seguente caratteristica (assente nel secondo dispositivo) e cioè che il coperchio in legno, che pressa i dischi e che mantiene in posizione l'elettodo superiore della pila, è in grado di scorrere fino in fondo solo in una delle tre posizioni secondo le quali esso può essere fatto scendere lungo i montanti di vetro. Ciò si spiega facilmente se si considera che le aste, costruite lavorando il vetro una volta soffiato, presentano tre diametri differenti cui vengono fatti corrispondere tre fori con diverso diametro, anche se di poco, sul coperchio in legno. Dato che la seconda pila ha aste tutte con lo stesso diametro nei limiti delle tolleranze di lavorazione, è possibile che in passato una o più aste del primo dispositivo si siano rotte, cosicché la necessità di una loro sostituzione ha fatto in modo che lo strumento presenti tre aste con tre diversi diametri, leggermente più grandi di quelli delle aste originali. Di conseguenza i fori del coperchio in legno vennero allargati.

Per prevenire, una volta finita la prova, la corrosione dei dischi di zinco ad opera dell'acido, anche se diluito, con cui di prepara di solito la soluzione elettolitica necessaria per il funzionamento della pila, si è deciso di impiegare una soluzione di cloruro di sodio, il comune sale da cucina. Smontata la pila, le rotelle di stoffa sono state quindi imbevute di soluzione e poi riposizionate secondo la classica sequenza zinco - panno imbevuto - rame. La prova è dunque avvenuta utilizzando tante pile del tipo Zn | NaCl (aq., dil) | Cu, secondo la schematizzazione IUPAC, collegate in serie.

La forza elettromotrice (f.e.m.) della pila è stata misurata con un voltmetro con 10 V di fondo scala e come è chiaramente visibile in figura la pila su cui è stata eseguita la prova è in grado di funzionare, dato che ai suoi capi il voltmetro misura una fem di 7 volt. Tenedo conto che lo strumento ha poco più di 180 anni, la cosa è notevole! Rispetto al numero di elementi collegati in serie che vanno a formare la pila, la fem misurata è per la verità bassa (circa la metà di quella teorica), tuttavia va segnalato che nè i dischi di rame nè soprattutto quelli di zinco sono stati puliti dalle incrostazioni e dallo strato di ossido che li ricopre e ciò spiega il sensibile calo della fem del dispositivo, prima ancora che il fenomeno della polarizzazione dell'elettrodo di rame, un classico inconveniente di questo tipo di pile, faccia diminuire la differenza di potenziale.