Elettromagnetismo - elettrochimica - Pila a colonna
Pila a colonna
Descrizione
Descrizione          Funzionamento: spiegazione - verifica          Testi&Curiosità


Una delle due pile a colonna
Particolare della pila
La disposizione dei dischi

Il Vecchio Gabinetto di Fisica del Liceo possiede due esemplari di pila di Volta. Da una base in legno si dipartono tre aste di vetro disposte ai vertici di un triangolo equilatero la cui funzione è quella di tenere in piedi la pila. E' lo stesso Volta a raccomandare di costruire l'organo elettrico artificiale usando dischi metallici di circa tre centimetri di diametro, sovrapposti in modo tale da formare le cosiddette coppie bimetalliche intervallate da dischi di cartone imbevuti d'acqua, acqua salata o "altro umore che sia un conduttore migliore dell'acqua semplice". Per coppia bimetallica s'intende l'unione di due metalli diversi, come si ottiene per esempio sovrapponendo ad un disco di zinco uno d'argento, secondo quanto prescritto da Volta. In alternativa, adesso come allora, l'argento può essere sostituito per motivi di costo con un disco di rame.

Le due pile a colonna del Liceo rispecchiano ovviamente in modo fedele la disposizione prescritta da Volta dei conduttori metallici e dei pezzi di cartone imbevuti (sostituiti però da dischi di panno) adottando la coppia bimetallica zinco - rame. Partendo quindi dal basso, sopra un particolare disco di rame al quale è collegato un filo di rame isolato con la seta, è presente un pezzo di panno imbevuto e sopra ancora un disco di zinco e così via, fino all'ultimo elemento costituito da un disco di zinco cui è collegato un tratto di filo di rame anch'esso isolato con la seta. Tutta la pila così ottenuta è tenuta in piedi dalle tre aste di vetro e pressata da una specie di coperchio in legno.

La costruzione del dispositivo è dunque semplicissima e assi contenuta quanto a costi, almeno nella versione con la coppia zinco - rame. Il principio di funzionamento è altrettanto semplice e legato a particolari reazioni chimiche dette di ossidoriduzione. Merita segnalere il fatto che entrambi i dispositivi sono tutt'oggi perfettamente funzionanti e che quindi i due strumenti fanno parte di quella rosa di apparati che vengono utilizzati durante le ore di laboratorio, in questo caso di chimica. La verifica del funzionamento, conclusasi come detto con esito positivo (Malfi, novembre 2001), colloca tra l'altro le due pile a colonna nel piccolo gruppo dei più vecchi strumenti ancora attivi e tranquillamente impiegati. Certamente ciò si giustifica meglio se si tiene conto che simili strumenti non hanno parti meccaniche che possono rompersi e che richiedono continua manutenzione.

Tutte le pile sfruttano una reazione di ossidoriduzione spontanea, cioè in cui l'energia (chimica) dei prodotti è minore di quella dei reagenti. La differenza di energia viene convertita, anche se con qualche perdita, in energia elettrica. La giustificazione qualitativa del funzionamento di una qualunque pila è spiegata con maggiore dettaglio dalla conoscenza di quanto accade quando si immerge un metallo in una soluzione (potenziale assoluto) e a questo viene accoppiato un altro sistema diverso dal primo.

A seconda del tipo di soluzione elettrolitica impiegata come conduttore di seconda classe, si hanno varie varianti di pila a colonna o di Volta, tuttavia è importante sottolinare che la reazione chimica di ossidoriduzione che "muove" la pila è sempre la stessa e precisamente Zn + 2H+ => Zn++ + H2. Da essa si ricava che l'anodo di ciascuna pila collegata in serie con le altre che formano l'intero dispositivo è l'elettrodo di zinco, che perde massa a mano a mano che la reazione procede ovvero quando si utilizza la pila. La serie dei potenziali standard di riduzione permette di stabilire i poli della pila e quindi il suo anodo. Tuttavia per il calcolo della fem teorica si deve utilizzare l'equazione di Nernst, dal momento che le semicelle non si trovano mai in condizioni standard. Il catodo, cioè l'elettrodo positivo e fatto di rame o d'argento a seconda dei modelli, non è coinvolto nella reazione di ossidoriduzione ed è quindi inerte. Questo è il motivo per il quale rispetto alla reazione chimica è indifferente il materiale utilizzato per l'elettrodo positivo.

Gli ioni H+, che sarebbe più corretto scrivere H3O+, sono ricavati o dall'acqua della soluzione elettrolitica che bagna le rondelle tra due coppie bimetalliche adiacenti quando si usa un sale o, in alternativa, dall'idrogeno proveniente dalla dissociazione dell'acido forte impiegato nella preparazione della soluzione, generalmente acido solforico.

Alla luce di quanto detto la pila di Volta a colonna con catodi elettrodi di rame, Cu, è costituita da tanti elementi tutti uguali la cui schematizzazione IUPAC è Zn | NaCl (aq., dil) | Cu, se si impiega come elettrolita una soluzione diluita di cloruro di sodio, oppure Zn | H2SO4 (aq., dil) | Cu, se si prepara una soluzione diluita di acido solforico. La formazione di idrogeno al catodo che va a rivestire l'elettrodo (polarizzaizoine) costituisce un pesante fattore limitativo per l'impiego prolungato di questa pila, cui si aggiunge il rapido indebolimento della corrente dovuta all'inevitabile deperimento della soluzione elettrolitica che bagna le rondelle fra i dischi.