ottica
Specchi ustori

Gli specchi, grazie alla loro capacità di riflettere le onde elettromagnetiche, in modelli particolari possono essere utilizzati per concentrare la radiazione in un unico punto, detto fuoco. Specchi di questo tipo vengono detti ustori, perché in grado con la sola luce solare di ustionare la pelle, incendiare carta e legno o di fondere certe sostanze. Del resto non è un caso che il fuoco di uno specchio abbia proprio questo nome... Relativamente agli specchi ustori è pittosto nota la leggenda degli specchi archimedei, con i quali si sarebbero diretti i raggi solari sulle vele delle navi nemiche incendiandole. Nel XVII secolo Kircher (1602-1680) con 5 specchi piani opportunamente orientati riuscì a infiammare delle materie combustibili a più di 30 metri di distanza. Nel 1687 con uno specchio di rame di 2 metri di diametro Tschirnhuasen riuscì a fondere con i raggi solari il rame e l'argento. Il naturalista G. F. Buffon (1707-1788) nel 1747 con uno specchio concavo formato da 154 specchi piani potè infiammare in pochi istanti del legno posto a 68 metri dal congegno. In seguito all'osservazione di Mariotte del 1682, Pictet distinse "il calorico raggiante" in "luminoso" (radiazione visibile) e "oscuro" (radiazione infrarossa) immaginando un'esperimento, eseguito più tardi, con due specchi concavi affacciati e distanti l'un l'altro circa 8 metri (esperienza degli specchi coniugati). Il calorico oscuro segue le stesse leggi dell'ottica, come provò M. Melloni (1798-1854) con numerosi esperimenti negli anni Trenta del XIX secolo (Apparecchi di Melloni).

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