Elettromagnetismo - indice breve storia
Breve storia dell'elettromagnetismo
Maxwell

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Faraday, che non era un matematico, si lasciava guidare molto più dall'esperienza che dalle deduzioni teoriche lasciando ad altri il compito di risolvere matematicamente gli svariati problemi posti dalle sue scoperte. Egli insomma, pur ricorrendo al linguaggio ordinario, non avendo a disposizione quello dei matematici, introdusse nella scienza delle idee davvero generali, superando addirittura in alcuni punti i dati immediati dell'esperienza per esprimere considerazioni che furono solo in seguito confermate matematicamente e anche in questo risiede la sua grandezza scientifica.

Lo sviluppo della teoria matematica seguì a breve distanza la scoperta dei fenomeni legati all'induzione e in generale al campo elettrico e a quello magnetico. Fra i teorici che vi contribuirono spiccano i nomi di Karl Friedrich Gauss (1777 - 1855), di Wilhelm Weber (1804 - 1891) e dello scozzese James Clerk Maxwell (1831 - 1879).

In particolare, a quest'ultimo scienziato si deve la completa e rigorosa sintesi matematica dei fenomeni elettromagnetici (e specialmente di quelli legati all'induzione) attraverso equazioni semplici e sintetiche (note come equazioni di Maxwell) contenute nell'opera, pubblicata nel 1863, "Treactise on Electricity and Magnetism", un lavoro teorico che riassume in forma chiara e coordinata l'insieme della teoria matematica alla base di tutti i fenomeni magnetici ed elettrici osservati fin dai tempi più remoti. Le equazioni di Maxwell si possono considerare a ragione l'equivalente nell'elettromagnetismo delle equazioni di Newton nella meccanica classica. Ma il contributo di Maxwell all'elettromagnetismo è di portata ancor maggiore: egli formulò un'ipotesi molto importante a proposito del campo elettrico e predisse la propagazione delle onde elettromagnetiche.

I risultati fondamentali dell'elettromagnetismo scoperti fin qui possono così riassumersi:

  1. ogni corrente elettrica genera un campo magnetico (come provato da Oersted) le cui linee di forza avvolgono la corrente stessa;
  2. in un conduttore che si muove tagliando le linee di un campo magnetico nasce un forza elettromotrice (Faraday 1831);
  3. un campo magnetico variabile nel tempo genera una forza elettromotrice (Faraday 1831) e diretta conseguenza della presenza di un campo elettrico indotto, le cui linee di forza avvolgono quelle del campo magnetico.

In questi principi è evidente l'asimmetria tra campo elettrico e campo magnetico: possibile che sia solo il campo magnetico che con le sue variazioni temporali sia in grado di produrne uno elettrico indotto? Maxwell predisse il risultato simmetrico di quello descritto da Faraday e cioè che campi elettrici variabili nel tempo danno origine a campi magnetici variabili e la modalità con cui ciò si verifica è grossomodo analoga, senza entrare troppo nei dettagli del problema, a quella prodotta dal campo magnetico, anche se qui è la variazione temporale di flusso elettrico concatenato a far sorgere un forza magnetomotrice (e non elettromotrice) variabile cui è associato un campo magnetico anch'esso ovviamente variabile. La nuova ipotesi di Maxwell rende certamente molto più simmetrici i ruoli dei campi elettrico e magnetico, ma la conseguenza forse più interessante, per il gran numero di applicazioni che ne derivarono, è che si può ottenere una propagazione ondulatoria.

Disegno esplicativo collegato al testo, Malfi, © 2001Semplificando al massimo, la cosa si può così interpretare: si consideri un filo conduttore rettilineo in cui si faccia circolare corrente alternata a partire da un certo istante. Quest'ultima produrrà nello spazio circostante un campo magnetico variabile nel tempo in modo alternato le cui linee avvolgono per quanto visto il filo. Com'è intuitivo questo campo alternato non si instaurerà istantaneamente ovunque, ma coinvolgerà dapprima la regione vicina al filo e via via lo spazio più lontano, come fanno le onde sulla superficie dell'acqua di uno stagno a seguito al lancio di un sasso. Il campo magnetico variabile che avvolge il filo produce a sua volta un campo elettrico alternato il quale è seguito da un campo magnetico e così via. Si produce in definitiva intorno al filo un'onda elettromagnetica costituita da un campo elettrico e uno magnetico strettamente correlati.

Queste considerazioni sono molto semplici, ma una precisa analisi quantitativa non lo è. In effetti la teoria elettromagnetica di Maxwell non penetrò facilmente nella fisica dell'epoca, non solo perché matematicamente troppo difficile e con scarso supporto sperimentale, ma anche perché si trovava a rivaleggiare con altre teorie basate sulle ben più note concezioni di Newton. Così dovettero trascorrere circa vent'anni dalla previsione di Maxwell prima che si avesse un riscontro sperimentale relativo alle onde elettromagnetiche ad opera di Hertz.

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