Fonti Battelli A. - Cardani C. (1922) Vol. 1, pag. 156, fig. 117 D'Ettingshausen (1854) pag. 189, fig. 46 Daguin P. A. (1863) pag. 170, fig. 198 Desbeaux E. (1892) pag. 55, fig. 49 Giordano G. (1862) Vol. 1, pag. 112, fig. 66 Jamin J. (1880) pag. 41, fig. 31 Magrini R. (1940) pag. 39, fig. B339 Martelli V. (1956) pag. 10, fig. 117/2 Milani G. (1869) Vol. 1, pag. 83, fig. 33 Murani O. (1906) Vol. 1, pag. 195, fig. 130 Nollet J.A. (1762) Vol. 1, pag. 190, Tav. IV/7, fig. 17 Perucca E. (1937) Vol. 1, pag. 241, fig. 254 Pinto L. (1892) pag. 146, fig. 158 Ròiti A. (1908) Vol. 1, pag. 129, fig. 95 Tarquini A. (1928) pag. 31, fig. 142

Il dispositivo è l'antenato di quel gioco solitamente da scrivania con un certo numero di sfere d'acciaio sospese tramite fili che a riposo si trovano a contatto una di fila all'altra e alla stessa altezza.

Scostata dalla verticale una delle due sfere d'estremità e lasciata libera, si osserva che solo quella dall'altra parte si stacca, mentre quelle centrali restano ferme.

In modo analogo funzionava questo strumento, purtroppo ormai incompleto. Per l'elasticità dei corpi, la deformazione elastica dovuta all'urto si propaga attraverso le sfere centrali e mette in moto solo quella opposta di estremità, poiché dietro non ne ha un'altra che la vincola per azione e reazione.

Indirettamente si dimostra come in un'onda elastica vi sia passaggio di energia in assenza di movimento netto di materia (sfere centrali).